mercoledì 28 marzo 2012

Il confidente colombaccio


Diffidente nelle aree di campagna, confidente e quasi "domestico" nei parchi urbani. Stiamo parlando del colombaccio, questo grosso piccione vive stabilmente nelle nostre zone (solo parte della popolazione migra). Lo si distingue da altri piccioni come la colombella dal becco giallo, dalla mole e dalle bande bianche presenti sul collo e su ali e coda (inconfondibili durante il volo). La foto è di Alberto Giè

giovedì 15 marzo 2012

Referendum caccia - La Lipu scrive a Cota e ai Ministri

Il tema del referendum regionale sulla caccia diventa sempre più al centro dell’agenda politica. La direzione nazionale della Lipu il 13 marzo ha infatti inviato una lettera aperta al governatore della Regione Piemonte Roberto Cota e ai ministri competenti, missiva immediatamente rilanciata dal comitato novarese per il sì al referendum. Nel documento, che sunteggiamo, si fa riferimento soprattutto alla mancata opportunità di un election day in concomitanza della amministrative di maggio: “Dopo 25 anni di democrazia negata, ai cittadini piemontesi deve essere consentito di partecipare al primo referendum abrogativo regionale della loro storia, in condizioni di piena informazione e coinvolgimento degli elettori.
I promotori del referendum sulla caccia (…) chiedono che si proceda all’accorpamento delle amministrative, previste per il 6-7 maggio, con il referendum, fissato, al momento, dalla Giunta regionale il 3 giugno 2012, come primo segnale di risarcimento del continuo ostacolo alla espressione della democrazia diretta, creato dalle varie maggioranze che si sono succedute al governo della Regione Piemonte dal 1987 in poi”.
“i promotori del referendum e le associazioni ambientaliste e animaliste  non hanno alcun interesse a sdoppiare le scadenze elettorali e, men che meno, ad essi può essere attribuita, quindi, la responsabilità degli oneri che ricadrebbero sul bilancio regionale per delle consultazioni che potrebbero essere accorpate. Anche se è opportuno rammentare che l’esercizio di un diritto, sinora negato, in uno stato democratico ha comunque un valore non monetizzabile”.
 Una storia travagliata, quella del referendum abrogativo di alcune norme della legge regionale sulla caccia, che inizia appunto nel 1987 con il deposito di circa 60mila firme. Una battaglia legale durata un quarto di secolo, che, come viene ricordato nella lettera aperta, “ha visto sconfitti i continui tentativi di elusione degli obblighi istituzionali solo dopo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Torino del 29 gennaio 2010  ed una  sentenza del Tar Piemonte del 25 gennaio 2012, che ha intimato alla Regione Piemonte di fissare la data del referendum”. (…) “Ora la parola è alla Commissione di garanzia del Consiglio regionale, che entro il 13 aprile formulerà il quesito e potrà dare indicazioni sulla data del 3 giugno. Alla base del referendum le richieste di modifica sostenute da circa 60 mila cittadini alcuni aspetti importanti della normativa vigente: 1. il divieto di caccia per 25 specie selvatiche (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi), che oggi sono cacciabili; 2. il divieto di caccia generalizzato su terreno innevato, 3. l’abolizione delle deroghe per le aziende faunistiche private ai limiti degli abbattimenti; 4. il divieto di caccia la domenica”.
Gli ambientalisti e gli animalisti ritengono che sinora la III Commissione consigliare della Regione Piemonte stia procedendo ad una riforma peggiorativa della normativa vigente sulla caccia, “ampliando le specie cacciabili e deregolamentando ulteriormente la caccia,  invece che orientarsi ad una revisione che risponda alle richieste di modifica dei promotori del referendum”. E’ per questo che in assenza di modifiche migliorative, si chiede “un tangibile ed improcrastinabile impegno affinché sia garantita pienamente l’informazione e facilitata la partecipazione dei cittadini alla prima consultazione popolare della storia della Regione Piemonte”. r.co.

domenica 11 marzo 2012

Referendum caccia - La posizione delle associazioni dei cacciatori: "In attesa dell'esito riduciamo costi e imposte"

Per completezza di informazione dopo aver pubblicato informazioni sul referendum regionale sulla caccia (vedi precedenti post) diamo spazio ad alcune associazioni di cacciatori che ci chiedono di esprimere la loro posizione

In Piemonte il 3 giugno ci sarà il referendum sulla caccia. Dopo 25 anni di battaglie legali, i cittadini sono chiamati alle urne per pronunciarsi a favore (votando sì al quesito) o contro (votando no) l’introduzione di una serie di regole più rigide e restrittive nei confronti della pratica venatoria. Il referendum, innanzitutto, propone la limitazione del numero delle specie cacciabili, che sarebbero portare a quattro (cinghiale, lepre, minilepre e fagiano) con la possibilità tuttavia di intervenire con abbattimenti di controllo se l'eccessiva presenza di fauna selvatica comportasse danni all'agricoltura o all’equilibrio ambientale. Altre limitazioni proposte dal referendum regionale riguardano il divieto di caccia nella giornata di domenica e su terreno coperto da neve. I referendari chiedono inoltre di ridurre i privilegi concessi alle aziende faunistico-venatorie.
Se la consultazione ha radunato un compatto fronte pro-referendum, anche le associazioni dei cacciatori tengono a far pervenire la propria posizione: <Come sembra ormai assodato l’inutile referendum sulla caccia in Piemonte costerà ai cittadini ben 25milioni di euro – spiegano Anna Poletti, presidente provinciale Italcaccia Novara, e Franco Bianco, presidente Italcaccia Cuneo – In attesa di conoscerne il responso, come referenti dei cacciatori, non possiamo non far notare come il referendum, se passasse, avrebbe delle ripercussioni estremamente negative sull’attività venatoria>. In particolare i cacciatori lamentano le difficoltà legate alla possibilità di non poter più cacciare di domenica e alla limitazione consistente del numero di specie: <Riteniamo che a questo stato delle cose sia per lo meno necessario posticipare il versamento della quota associativa alle Atc e l’imposta regionale al 31 luglio anziché alla data prevista del 31 marzo, per consentire ai cacciatori in base all’esito del referendum o di eventuali modifiche della normativa venatoria (è appunto in agenda un aggiornamento a cura dell’assessore regionale Claudio Sacchetto, ndr) di fare le loro scelte – dice Poletti - Qualora non fosse possibile, annunciamo sin da ora che ci attiveremo in ogni sede per tutelare gli interessi dei cacciatori, chiedendo con forza quantomeno una riduzione dei costi e delle imposte a fronte delle mutate condizioni per praticare l’attività venatoria>.
Quanto costa cacciare nel novarese lo abbiamo chiesto alla presidente Anna Poletti, proprio per dare l’idea degli interessi in gioco: <L’imposta regionale è di 77,47 euro, a questo importo va aggiunta la quota di circa 105 euro per cacciare nei due Ambiti territoriali provinciali (la provincia è divisa verticalmente in due ambiti, l’Atc1 dal Ticino all’Agogna e l’Atc2 dall’Agogna al Sesia) e la concessione governativa, poco più di 173 euro. Necessaria poi un’assicurazione, il cui importo indicativo oscilla, per quanto riguarda la nostra associazione, dai 75 ai 95 euro e naturalmente le spese per l’attrezzatura, i cani e il loro mantenimento>. Solo per le imposte e le spese fisse 450 euro, una cifra significativa, in base alla quale i cacciatori, prima di provvedere agli esborsi, desiderano conoscere come si pronunceranno gli elettori piemontesi. r.co.


Siamo naturalmente a disposizione per ospitare contributi di tutti coloro che vogliano dire la loro sul referendum regionale sulla caccia, verso il quale auspichiamo il raggiungimento del quorum in modo che possa farsi valere la volontà della maggior parte dei piemontesi. Per inviare contributi info@asapfanzine.it

venerdì 9 marzo 2012

Tutti i segreti del gufo comune, diffuso rapace notturno cittadino



Il Novarese è terra di gufi, pare infatti che nel nostro territorio siano particolarmente numerosi i roost di gufo comune. Il roost è un dormitorio invernale nel quale gli uccelli si radunano per dormire durante il giorno. Le foto scattate da Alberto Giè si riferiscono al roost di Gravellona Lomellina, ma anche nel capoluogo e in molti paesi della Bassa gli assembramenti invernali sono comuni. Il gufo comune è sia nidificante che svernante. La sua presenza può essere segnalata anche dalle borre, pallottole contenenti gli scarti del cibo (pelo, zampe eccetera) che i gufi rigurgitano durante la digestione. Un altra caratteristica peculiare della specie sono i ciuffi auricolari, che i gufi tengono eretti quando si sentono minacciati o sono in allerta.
I gufi comuni nidificano nei nidi costruiti da altri uccelli, tipicamente dalle cornacchie. Una volta nati, i piccoli emettono un caratteristico richiamo notturno con il quale incitano i genitori a nutrirli.

martedì 6 marzo 2012

L'ibis caro agli egizi è di casa tra le nostre risaie


Questo simpatico pennuto è un ibis sacro. Anni fa alcune coppie iniziarono a nidificare a Casalbeltrame e nel giro di pochi anni la specie si ambientò talmente bene da diventare ormai una presenza diffusa in gran parte della Bassa novarese. L'origine di questo uccello, un tempo diffuso in Egitto, è misteriosa. Probabile che alcune coppie aufughe si siano riprodotte con successo oppure che arrivi dalla Francia dove ne è segnalata la presenza in una colonia simile a quella novarese. La foto di Alberto Giè è stata scattata a Borgolavezzaro nella Fontana Molinetta. r.co.


Esiste più di una teoria sull'origine degli Ibis novaresi, riporto le considerazioni pubblicate a proposito sulla mailing list di Novara Bw

Una, ad esempio, sostiene che il nostro piccolo nucleo originario derivi da uno o più gruppi di dimensioni importanti presenti da tempo sul territorio francese. In seguito altri animali della/e colonia/e d'oltralpe si sarebbero uniti ai primi, dando luogo (o comunque partecipando) al boom demografico che tutti noi possiamo oggi "ammirare". E da dove vengono quelli Francesi?
Dunque: sembra che, per motivi a me ignoti, i nostri cugini abbiano cercato di reintrodurli in gran numero negli anni 70 e 80 in Bretagna, formando una colonia in cattività che arrivò fino a 150 coppie. Il bello è che la cosa era organizzata da uno Zoo, non dal solito collezionista da "B" movie. I giovani venivano lasciati liberi di involarsi e stabilirsi altrove, e visto il clima della Bretagna immagino lo facessero con grande piacere. Il ceppo originale era di origine Keniota. Nel '97 "l'esperimento" terminò, nel 2004 in Francia si contavano circa 3000 esemplari. Negli anni 90 qualcosa di simile venne anche fatto in un Safari Park nel Sud (sempre della Francia) con pochi esemplari provenienti dalla Gran Bretagna (probabilmente sempre Kenioti). Nei dintorni si stabilì una colonia di circa 250 esemplari, provenienti probabilmente anche da altre colonie. Nel 2005 la colonia si disperse, si suppone migrando verso la Spagna. Qualche esemplare, tuttavia, fu rilevato anche in Camargue e chissà, magari anche oltre. In entrambi i casi non si hanno prove provate di spostamenti a così grande distanza dai luoghi di origine, però noi sappiamo bene che gli uccelli volano dove gli pare, no? Parlando di Spagna, pare che anche lì abbiano diverse colonie, tutte fondate da esemplari fuggiti in massa (spesso e volentieri) da Zoo ed assimilabili tali. Non ho notizie di spostamenti oltreconfine. 

Quando ero ancora ragazzo (direi all'inizio degli anni 90), ho visitato il Parc de Branféré, nella mia Bretagna. All'epoca ero molto felice di vedere degli Ibis sacri in semilibertà in questo zoo! Alcuni anni dopo ne ho visti alcuni a pochi kilometri del parco... Ed ho capito subito da dove provenivano! Non so cosa hanno voluto fare in questo zoo, ma non penso che abbiano cercato di reintrodurli apposta in Bretagna. Sono soltanto stati molto negligenti. Sembra che alcuni individui siano fuggiti dal parco tra il 1975 e il 1987, con la prima riproduzione in libertà nel 1991 (in Piemonte, la prima nidificazione risale al 1989). Nel 2008 erano più di 5000...In Bretagna, c'è un comitato di diffesa del ibis sacro, creato dopo la decisione del Ministero dell'Ambiente di iniziare l'eradicazione
dell'ibis nel 2008. I membri di questo comitato dicono che questa specie è paleartica e che è addirittura presente in Italia già dal 800... Mi pare che non sia vero? Forse in Sicilia?
Come scritto da Fabrizio, alcuni altri ibis sono scappati dalla Réserve Africaine de Sigean nel sud della Francia verso il 1995.

Il nucleo piemontese potrebbe avere avuto, almeno inizialmente, origini diverse da quelle francesi. La specie è largamente presente nelle collezioni di zoo, parchi e privati. Successivamente potrebbero essersi verificati “congiungimenti” tra le due popolazioni. Sono uccelli che contrariamente a quanto si ritiene, possono effettuare anche spostamenti notevoli: se non ricordo male, Alesandro Re mi disse tempo fa che un esemplare inanellato a Casalbeltrame era stato ricatturato in Ucraina!