Il tema del referendum regionale sulla caccia diventa sempre più al centro dell’agenda politica. La direzione nazionale della Lipu il 13 marzo ha infatti inviato una lettera aperta al governatore della Regione Piemonte Roberto Cota e ai ministri competenti, missiva immediatamente rilanciata dal comitato novarese per il sì al referendum. Nel documento, che sunteggiamo, si fa riferimento soprattutto alla mancata opportunità di un election day in concomitanza della amministrative di maggio: “Dopo 25 anni di democrazia negata, ai cittadini piemontesi deve essere consentito di partecipare al primo referendum abrogativo regionale della loro storia, in condizioni di piena informazione e coinvolgimento degli elettori.
I promotori del referendum sulla caccia (…) chiedono che si proceda all’accorpamento delle amministrative, previste per il 6-7 maggio, con il referendum, fissato, al momento, dalla Giunta regionale il 3 giugno 2012, come primo segnale di risarcimento del continuo ostacolo alla espressione della democrazia diretta, creato dalle varie maggioranze che si sono succedute al governo della Regione Piemonte dal 1987 in poi”.
“i promotori del referendum e le associazioni ambientaliste e animaliste non hanno alcun interesse a sdoppiare le scadenze elettorali e, men che meno, ad essi può essere attribuita, quindi, la responsabilità degli oneri che ricadrebbero sul bilancio regionale per delle consultazioni che potrebbero essere accorpate. Anche se è opportuno rammentare che l’esercizio di un diritto, sinora negato, in uno stato democratico ha comunque un valore non monetizzabile”.
Una storia travagliata, quella del referendum abrogativo di alcune norme della legge regionale sulla caccia, che inizia appunto nel 1987 con il deposito di circa 60mila firme. Una battaglia legale durata un quarto di secolo, che, come viene ricordato nella lettera aperta, “ha visto sconfitti i continui tentativi di elusione degli obblighi istituzionali solo dopo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Torino del 29 gennaio 2010 ed una sentenza del Tar Piemonte del 25 gennaio 2012, che ha intimato alla Regione Piemonte di fissare la data del referendum”. (…) “Ora la parola è alla Commissione di garanzia del Consiglio regionale, che entro il 13 aprile formulerà il quesito e potrà dare indicazioni sulla data del 3 giugno. Alla base del referendum le richieste di modifica sostenute da circa 60 mila cittadini alcuni aspetti importanti della normativa vigente: 1. il divieto di caccia per 25 specie selvatiche (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi), che oggi sono cacciabili; 2. il divieto di caccia generalizzato su terreno innevato, 3. l’abolizione delle deroghe per le aziende faunistiche private ai limiti degli abbattimenti; 4. il divieto di caccia la domenica”.
Gli ambientalisti e gli animalisti ritengono che sinora la III Commissione consigliare della Regione Piemonte stia procedendo ad una riforma peggiorativa della normativa vigente sulla caccia, “ampliando le specie cacciabili e deregolamentando ulteriormente la caccia, invece che orientarsi ad una revisione che risponda alle richieste di modifica dei promotori del referendum”. E’ per questo che in assenza di modifiche migliorative, si chiede “un tangibile ed improcrastinabile impegno affinché sia garantita pienamente l’informazione e facilitata la partecipazione dei cittadini alla prima consultazione popolare della storia della Regione Piemonte”. r.co.
Nessun commento:
Posta un commento